top of page

ACQUA, FANGO E L’AIRONE


foto e testo di Max Chianese

Ad un certo punto ho visto il pullman che stava andando via e così mi sono messo a correre.

Ero talmente assorto nella situazione, che rischiavo di rimanere là. E poi come sarei tornato?

Mi trovavo in quel posto per un uomo a cui ho voluto bene, ma che non posso dire di avere mai conosciuto veramente.

Ci sono persone che attraversano con le loro canoe il fiume delle nostre vite e solo un giorno, moltissimi anni dopo, quasi per caso, ci rendiamo conto di quanto siano state fondamentali per la nostra esistenza.

Questo è accaduto con lui.

Si chiamava Luigi.


30 ANNI PRIMA


Che cazzo stanno facendo? E se muoio affogato? Esiste una possibilità di morire per una pratica simile?

Ma che roba è che mi stanno facendo???

Luigi mi guarda, ha lo sguardo di un uomo buono, mi rassicura con i suoi occhi azzurri da fondo piscina sbiadita.

Ancora sott’acqua! Ma non era una volta sola???

Sono appena uscito da nove mesi di liquido amniotico e adesso mi riportano nelle profondità dell’oceano con le mani di questo prete sadico.

Battesimo lo chiamano, ma se lo facessero loro!!!

Anni dopo formulerò questo pensiero:

Penso che la religione sia un qualcosa di sensato e lo penso profondamente, ma perché legarci ad un’età inconsapevole già ad una dottrina specifica? Perché non iniziare in età adulta un percorso di studi, di approfondimento, di comprensione sulle tante religioni che esistono per poi decidere autonomamente se essere cattolico, ortodosso, ebreo, musulmano o altro?

Per anni mi sono portato avanti questo ragionamento, me lo giocavo nelle migliori occasioni tra amici, conoscenti, famigliari, ma poi quando è arrivato il giorno di metterlo in pratica per mia figlia, me lo sono completamente dimenticato! Ogni vocale e consonante di questa illuminata riflessione svanita nel nulla, anch’io sono diventato parte della massa, pecora nel gregge che segue il flusso perché porta addosso troppa lana.

E in estate, poiché tutti noi siamo convinti di vivere una perenne estate, in estate, si suda.

Intanto mia madre e mio padre mi riprendono dalle mani dello sconosciuto in abito talare e mi riportano da loro, all’ovile.

Tutti gli invitati indossano i vestiti della festa, qualcuno è proprio evidente che sia di una taglia sbagliata.

Il cugino Luca, l’artista della famiglia, viene in macchina con noi, mio padre ha un’alfa sud bianca. Al ritorno. Dopo il rinfresco Luca beve qualcosa di troppo e sbocca nella nostra macchina, quella vomitata il giorno del mio battesimo assume un significato simbolico, che però devo ancora decifrare dopo un bel po’ di anni.

Intanto Luigi, il mio padrino, sta in disparte.

Non è ancora padre, lo diventerà circa tre anni dopo e questo fatto ci porta direttamente ad un altro momento di questa storia, un po’ di anni dopo.


20 ANNI PRIMA


Nina, la figlia di Luigi, è con me in macchina, non è ancora maggiorenne, lo diventerà il prossimo anno, io ho 21 anni.

Come tutti sanno tra uomini e donne di questa età, ma anche in altre stagioni della vita, corrono almeno cinque o sei anni, quindi lei mentalmente con i suoi 17 anni è più adulta di me. Decisamente.

Siamo su una Renault 14 TL e come tutte le domeniche, la scelta è su due cose da fare: pranzo e poi cinema oppure pranzo e un’altra cosa.

Devo essere onesto io sono sempre stato un appassionato di cinema, ma la seconda scelta ha sempre vinto sulla prima.

Ma Nina…

Lei avrebbe potuto vincere le Olimpiadi in quel campo, una passione sfrenata per tutte le discipline previste.

Ho sempre rispettato e adorato le donne che hanno quel tipo di passione.

Non ne ho incontrate molte, ma mi sono sempre sentito estraneo al tipico ragionamento maschile e maschilista che giustifica uomini appassionati e denigra le donne con la stessa passione.

L’ho sempre trovato da miserabili.

Una volta avevo letto su un libro, non ricordo assolutamente quale, questa verità.

Non fidarti delle donne che incontri che ti parlano dei valori della loro vita, ti diranno che i genitori gli hanno passato qui sani principi, ti basterà guardare la loro vita di tutti i giorni, e vedrai che nei fatti dimostrano l’opposto.

Le donne invece che hanno quel tipo di passione, come Nina, e che te lo dicono in modo evidente, hanno una sensibilità e una fragilità senza pari, come me hanno un vuoto da colmare e non lo fanno con chiacchiere inutili, con viaggi senza senso, modellando il loro corpo pensando a chissà cosa, lo fanno semplicemente guardandoti negli occhi e dicendo “è vero, anch’io ho bisogno di amore, come te, poche ciance, mettiamoci all’opera”.

Quella volta con Luigi feci una figura di merda biblica, da Deuteronomio all’ennesima potenza.

Dopo aver finito io e Nina ci ricomponiamo, tiriamo su il sedile pieghevole e cerchiamo di ripartire.

La macchina non parte, esco e mi rendo conto di essere finito in un pantano da tsunami filippino, mezza gomma è quasi scomparsa, faccio mosse inutili, imbecilli e idiote allo stesso tempo, ma niente, non cambia niente.

“E adesso cosa facciamo?”

“Chiamiamo mio padre”

“E se ci dice che cosa siamo venuti a fare qui?” le chiedo

Nina non mi risponde.

Luigi sapeva già cosa andava a fare sua figlia la domenica pomeriggio, nove volte su dieci, non c’era bisogno di spiegarglielo, un padre certe cose le sente.

“Va bene, chiamalo, ma fallo tu” le dico con tutta la vigliaccheria maschile tipica di quella età.


OGGI, SUL PULLMAN


Cammino tra le file del pullman e mi dirigo verso il fondo, sono talmente stanco che non trovo nessuna faccia amica ad aspettarmi, tutti mi sembrano estranei.

In ogni famiglia ci sono persone che vedi solo in situazioni eccezionali, i funerali sono una di queste.

Dal finestrino, in un campo di qualcosa che fatico ad identificare, scorgo prima e capisco poi che è un uccello, un airone.

In questa zona dove siamo non ha molto senso che ci sia un esemplare di questa specie.

Si deve essere perso anche lui, come me, che prima rischiavo di perdermi il pullman per tornare a casa e adesso sono qui perso in mezzo a questi estranei.

Ce l’ho a morte con Nina.

Sono anni che noi due ci siamo lasciati, anche se quegli otto anni insieme resteranno per me, per tutta la vita, il ricordo di qualcosa di speciale, con una donna speciale, unica.

Ma lei mi ha fatto una cattiveria che non le potrò perdonare.

Essendo io un suo ex, parola che ricaccerei su per il culo alla prima persona che ha avuto l’ardire di pronunciarla, ha ritenuto corretto non dirmi niente di suo padre Luigi, del fatto che fosse in fin di vita.

O forse tutto è partito da quel decerebrato che ha sposato, geloso anche di questo mio sincero e tenace affetto.

Per fortuna sua madre è stata una donna che ha sempre guardato oltre la pochezza umana e me lo ha fatto sapere.

La notte prima che Luigi morisse sono andato nel suo ospedale, non mi hanno fatto entrare, ma dal corridoio fuori della sua camera l’ho visto, attaccato a dei tubi.

Era estate, faceva caldo, non mi sentivo di andar via e allora sono andato nel parco interno dell’ospedale a sedermi su una panchina, mi sono portato dietro un libro, “Il vecchio e il mare”, il buon vecchio Hemingway.

Ho passato lì la notte, me lo sono riletto con la passione di chi vede il mare la prima volta, ma sapevo già come sarebbe andata a finire, quella notte, sarebbe stata l’ultima, il pescecane stavolta avrebbe vinto alla grande.

E così Luigi se n’è andato, non avevo bisogno di sentirmelo dire da qualche dottore dalla faccia finto triste, c’era tutto scritto in quel libro.

Sono io che ho passato con lui, vicino a lui, in qualche modo, questa ultima notte, con i piedi nel fango di quel cortiletto e una bottiglietta d’acqua a farmi compagnia.

Un grosso uccello ad un certo punto mi è passato sopra la testa, simile a questo airone che ho appena visto.

Mi sono immaginato che quello fosse il suo ultimo respiro.

Se è poi vero, che uno rivede tutta la sua vita prima di morire, cosa avrà pensato guardandomi neonato nelle mani del prete? O quel giorno in cui ci ha tirato fuori dal fango e ho visto un cenno di sorriso sotto il suo sguardo burbero? Io non sono stato in grado di tirarlo fuori dalle sabbie mobili questa volta e un po’ mi innervosisce questa cosa.

Sul fondo del pullman una donna anziana tiene tra le mani la classica foto in bianco e nero, l’immaginetta che si regala ai famigliari del defunto. Non la riesco a vedere bene tra le mani rugose della donna, che mi inizia a parlare.

“È stato un brav’uomo, lo conosceva da tanto?”

“Sì, da tanti anni, come se fossimo parenti” le rispondo.

“Lo sa che mi aiutava ogni mercoledì a portare le borse dal mercato, io non glielo chiedevo mai era sempre una sua iniziativa, sapeva che scendevo verso le otto e lui si faceva trovare sempre pronto ad aspettarmi”

Ripenso a Luigi a quell’ultima notte con quel libro, e mi dico “sì”, io sempre saputo che era un uomo buono.

Poi mi mostra la foto.

“Qui per me non è venuto tanto bene” mi dice la donna.

Guardo.

E c’è la faccia di un altro.

Con sotto il nome di un altro: Piero.

Chi cazzo è adesso ‘sto Piero?

Mi alzo sbigottito e inizio a guardare le altre file del pullman cercando Nina, sua madre, nonna Eugenia, la sorella di Nina, i loro vicini che avevano tre gatti, il cugino tassista, qualche altro parente che devo aver conosciuto, ma niente, solo facce di sconosciuti.

E solo in quel momento capisco di aver rincorso e di essere salito sul pullman sbagliato, quello di un altro funerale.

E adesso cosa faccio? Come riuscirò a tornare a casa?

Riportarmi indietro dopo venti minuti di strada non lo faranno mai, non posso far altro che farmi portare alla loro destinazione.

E poi vediamo cosa accadrà.

Dopo altri 15 minuti scendo, saluto la vecchia della foto, non ho il coraggio di chiedere niente a nessuno di quel pullman, così mi avvicino ad un uomo vestito in modo stranamente elegante, fuori da un bar.

“Mi scusi, mi sa dire dove siamo?”

L’uomo mi guarda, fa una pausa e con estrema lentezza mi risponde: “In che senso, dove siamo?”

Non so cosa dirgli, ma resto ad osservare i suoi occhi azzurri, e lì, ritrovo un qualcosa, a me famigliare.

11 commenti

Post recenti

Mostra tutti

IO E BAKUNIN

SABURO

11 Comments


Unknown member
Jul 21

Qui mi devo essere perso qualcosa, non ho capito bene il finale. Ma va bene così, non si può sempre capire tutto. Il che mi fa empatizzare col protagonista, che a sua volta non ha capito il suo finale. Molto bello!

Like

Unknown member
Jul 09

5 stelle per la veridicità di questo racconto. Un argomento molto toccante che molto spesso capita nella vita reale. Nel momento in cui interrompi una relazione con una persona, la maggior parte delle volte si è costretti ad allontanarsi anche dagli affetti che abbiamo acquisito nel mentre, Sottolineando la sofferenza che può causare.

Bravo Max!

Like
Unknown member
Jul 11
Replying to

Grazie Babrbara, purtroppo le persone non capiscono che nelle relazioni le persone contano più della relazione stessa. Anche se appartengono al proprio passato.

Like

Unknown member
Jul 07

Anche questo potrebbe essere un incipit di un corto. A me sembra che la narrazione sia incentrata sul tema della perdita; di una persona cara, di un pullman corretto e infine di un luogo. Solo attraverso questo viaggio, doloroso e introspettivo allo stesso tempo, il protagonista ritrova e si ritrova in un limbo fatto di ricordi ed emozioni legate a più storie che si intrecciano. Probabilmente non è più qualcosa che si perde ma bensì qualcosa che si acquista. È un tema abbastanza ricorrente anche nell'ultima novella. Anche in questo breve, si trova un elemento di stile: qui è la Renault 14 TL.

Like
Unknown member
Jul 07
Replying to

La Renault 14 TL e’ la chiave di tutto, meglio non approfondire però…

Like

Unknown member
Jul 07

il racconto si distingue per la sua capacità di evocare emozioni forti attraverso una situazione surreale e tragicomica. Tuttavia, l'elemento di confusione potrebbe risultare eccessivo per chi legge, distratto dal flusso della narrazione. La conclusione, sebbene evocativa, lascia forse troppe domande aperte.


Un consiglio per migliorare future scritture, da chi legge molto e magari si perde in contesti troppo lunghi: Concentrati sullo sviluppo dei personaggi e sull'uso di descrizioni vivide per creare un'ambientazione immersiva, assicurati che ogni scena avanzi la trama o sviluppi i personaggi in modo significativo.

Edited
Like
Unknown member
Jul 07
Replying to

Thanks Stevie. I appreciate everything you wrote me, especially the details!

Like

Unknown member
Jul 07

Sempre bello leggere i tuoi racconti

Like
Unknown member
Jul 07
Replying to

Grazie Antonio e complimenti anche a te per i tuoi quadri! Un vero talento!

Like
bottom of page