di Cinzia Milite
racconto ispirato dall'omonimo brano musicale dei Pearl Jam
Primo Classificato al concorso "Note D'Inchiostro" promosso da "Read and Play" e dalla casa editrice Le Mezzelane.
Neri Moon ti ha inviato una richiesta di amicizia.
La notifica di Facebook le era arrivata a metà mattina mentre riordinava la sua stanza. Francesca aveva interrotto per un momento il da fare e aveva guardato il display del cellulare.
Era contenta, sperava proprio che il tipo iscritto al fan club italiano dei Pearl Jam come lei le chiedesse l’amicizia prima o poi. Seguiva da qualche tempo i suoi post all’interno del gruppo e quello che lui aveva da dire a proposito della band o della musica in generale le piaceva sempre. E allora metteva il suo like sotto i post. Ogni tanto qualche emoticon per commentare.
Aveva anche curiosato nel suo profilo per sapere qualcosa di più su di lui. Dalle informazioni di contatto risultava che vivesse a La Spezia, che fosse iscritto all’ultimo anno della facoltà d’ingegneria nautica, che era single e che gli interessavano le donne. Le attività sul suo profilo social erano scarse, di tanto in tanto pubblicava qualche post di compravendita di strumenti e video musicali. Dalle pagine che seguiva, si evinceva la sua passione per la musica rock, passione condivisa.
Le informazioni riguardanti le sue amicizie social non erano disponibili, ma non doveva avere molti contatti perché le interazioni nei suoi post erano poco frequenti. Francesca pensava che dipendesse dall’iscrizione a Facebook con il nickname Neri Moon, che non poteva essere il suo vero nome. Ipotizzava che lo avesse fatto per non essere trovato sui social da chiunque lo cercasse.
Ogni tanto cambiava immagine di profilo, pubblicando fotografie in primo piano solo dei suoi occhi, Francesca li trovava molto espressivi, immaginava che fossero di una persona con una grande profondità d’animo. A volte fantasticava che lo sguardo intenso delle foto di Neri Moon fosse diretto a lei. Si dava spesso della stupida per questi pensieri, forse l’isolamento forzato a causa dell’emergenza coronavirus, stava cominciando a darle segni di squilibrio, si diceva. Non poter frequentare l’università, non vedere nessuna delle sue amiche, se non qualche volta via Skype ed essere reclusa in casa con sua madre ormai da più di venti giorni, stava diventando deleterio. Giusto per non rimanere completamente fuori dal mondo, tra una lezione universitaria online e l’altra, Francesca aveva preso a dare più retta ai social network, in particolare Facebook. Lì, nel gruppo della sua rock band preferita, aveva scovato Neri Moon, con le sue considerazioni filosofiche e profonde che in qualche modo le tenevano compagnia. Sebbene non si fosse mai fatta illusioni sui rapporti che s’instaurano sui social, l’idea di avere un contatto più diretto con quel ragazzo sconosciuto, che mostrava di sé solo gli occhi e poco altro, non le dispiaceva. Nonostante ciò, non aveva fatto il primo passo chiedendogli l’amicizia, aspettava che fosse lui a chiedergliela, in fondo, che poteva succedere accettandola, lei viveva a Milano, lui a La Spezia; si trattava solo di un rapporto virtuale tra due persone con le stesse passioni.
«Ciao Francesca, grazie dell’amicizia», scrisse lui.
«Figurati, niente. Seguo sempre i tuoi post nel gruppo.», digitò lei in risposta.
«Lo so, ho visto, grazie.»
«Posso chiederti una cosa?» azzardò lei senza pensarci troppo.
«Dimmi.»
«Perché quel nome?»
«Neri? Neri è il mio nome di battesimo. Come l’attore Neri Marcorè, hai presente?»
«Ah, ok.»
«Mentre Moon l’ho rubato a… vediamo se indovini a chi? Sei una rockettara vera o no?»
«A Keith Moon, il batterista degli Who, come ho fatto a non pensarci, tu suoni la batteria giusto?»
«Hai sbirciato il mio profilo Facebook vedo... hai fatto bene, giusto, non si sa mai, l’ho fatto anch’io, prima di chiederti l’amicizia, ahahah! Comunque sì, mi diletto alla batteria ogni tanto. Tu invece, oltre ad essere iscritta al terzo anno della facoltà di beni culturali, che fai di bello?».
A quel punto Francesca cominciò a sentirsi a disagio, gli stava dando un po’ troppa corda, voleva mettere fine alla conversazione senza che lui se ne risentisse, ma non sapeva come fare, restò qualche secondo a pensare cosa rispondere, finché Neri la tolse dall’imbarazzo scrivendole: «Non ti sentire obbligata a rispondermi solo perché prima ho risposto alle tue domande, anzi, scusa, ti auguro buona giornata e grazie ancora dell’amicizia, ciao.» Francesca ribatté con un laconico, «Buona giornata anche a te» e una faccina sorridente.
In verità lei era solo molto combattuta perché non le sarebbe dispiaciuto raccontargli un po’ di sé. Trovava stuzzicante parlare con uno sconosciuto del quale condivideva gusti, considerazioni sulla musica e sulla vita in generale. Le frasi che accompagnavano i suoi post erano degne della sua stima, ma insomma era meglio essere cauti, si diceva.
Nei giorni seguenti però, il rapporto di Francesca con Facebook cambiò. Cominciò a usare il social come se l’unico interlocutore o spettatore fosse Neri Moon. Tutti i contenuti che postava: foto, citazioni, pensieri, miravano solo a far colpo su di lui.
Non sapeva spiegarsi bene il perché di quel suo improvviso cambiamento, ne aveva perfino parlato con un’amica: «Sarà che ho bisogno di divagarmi, sto sclerando chiusa in casa…» si era giustificata.
«Fantasticare è l’unica via di fuga, altrimenti impazzisco qui dentro con mia madre …non le va bene mai niente di quello che faccio… non vedo l’ora che finisca l’emergenza e che torni ad andare al lavoro.».
«Okay, però, mi raccomando, stai attenta. Ci sono certi stronzi in giro…poi di uno che non fa vedere mai la sua faccia per intero io non mi fiderei troppo.».
Ma Francesca ormai non poteva farne a meno di fantasticare e un pomeriggio cambiò la sua immagine di profilo pubblicando un selfie, che aveva richiesto molta preparazione con lo scopo di farsi notare da lui. Neri aveva quasi subito messo il suo like alla foto, commentandola: «In questa foto mi ricordi Courtney Love da giovane».
«Ti ringrazio, lo prendo come un complimento», rispose lei, pentendosene subito dopo.
Che cosa stupida da dire, pensava.
La risposta di Neri non si fece attendere: «Lo era, infatti».
Francesca si sentiva come una quindicenne alle prese con la prima cotta adolescenziale:
sorrideva scioccamente allo schermo del telefono misurando la stanza senza sosta. Poi trovò una scusa per scrivergli in privato: «Ciao, hai letto la notizia? I Pearl Jam hanno annullato la tournée nordamericana»
«Ciao, già, sì ho letto.»
«La vedo dura per luglio a Imola, tu che dici?»
«Eh sì, anch’io. Avevi già preso i biglietti?»
«Sì, appena messi in vendita, ho preso un Pit Gold e tu?»
«No, io no, sapevo di non poterci andare.»
«Oh, capisco. Io invece ho acquistato il pacchetto completo Bus più biglietto e con tutta probabilità il concerto salterà, mannaggia.»
«Tranquilla, il biglietto non andrà perso, Eddie and Co, tengono ai loro fan. Scusa, ti devo lasciare ora. Buona serata. Stay rock.»
Francesca ci era rimasta male, non si aspettava di essere liquidata in poche battute. Si era illusa che lui avesse piacere di far due chiacchiere con una ragazza carina. Neri era stato educato sì e anche gentile ma nulla di più. Non le aveva neppure motivato il suo frettoloso defilarsi. Era un po’ delusa, aveva sperato in qualcosa di più da parte sua, qualche domanda più personale, tipo quella che le aveva fatto la prima volta che si erano scritti. Lei questa volta avrebbe risposto e magari avrebbe anche chiesto qualche altra informazione su di lui. Il motivo per il quale non poteva andare al concerto, per esempio.
Cercò di scacciare la sgradevole sensazione di essere stata gentilmente scaricata da un ragazzo, decidendo di mettersi a seguire una lezione universitaria; era ora che pensasse a cose serie e reali, si disse.
Finita la lezione, a mente più lucida cercò di analizzare il comportamento degli ultimi tempi e realizzò che la situazione di emergenza per il virus aveva aumentato a dismisura la sua sfiducia nel futuro portandola a dare più retta a cose futili perché la solitudine la stava inghiottendo. Andò a coricarsi con un senso di pesantezza nel cuore.
Intorno a mezzanotte il suo cellulare vibrò segnalando l’arrivo di un messaggio, svegliandola. Era Neri a scriverle, le inviava il video di un brano dell’ultimo CD dei Pearl Jam: “Alright”, una ballata rock intimista che lei conosceva, che invita a ritrovare se stessi. Neri aveva accompagnato il video scrivendo uno stralcio del testo della canzone e la sua traduzione:
“It’s alright, to shut it down. Disappear in thin air, it’s your home, It’s alright, to be alone. To listen for a heartbeat, it’s your own…”
“Va bene, spegnere tutto, scomparire nel nulla, è casa tua. Va bene, stare da soli, ascoltare un cuore che batte, è il tuo…”
Francesca era sorpresa e colpita dal messaggio, era come se Neri le avesse letto nel cuore. Cercò con frenesia le cuffiette nel cassetto del comodino, si sdraiò nel letto, chiuse gli occhi e ascoltò il brano nel buio della sua camera. Terminato l’ascoltò si ritrovò ad asciugarsi le lacrime che, silenziosamente, le avevano rigato il volto.
«Disturbo? È troppo tardi per parlare un po’?»
«No, no, va bene», si affrettò a rispondere.
«Scusami per questo pomeriggio, stavo seguendo una lezione importante, quest’anno dovrei discutere la tesi. Dico dovrei, perché come dicevamo a proposito dei concerti, stiamo vivendo tutto nell’incertezza del futuro, purtroppo. Conoscevi già il brano che ti ho inviato, immagino»
«Sì, è bellissimo, grazie, l’ho riascoltato molto volentieri. Stasera poi, mi serviva proprio sentire quelle parole.»
«Invece le parole della canzone che descrivono la mia situazione attuale sono queste:“ Va bene dire di no, essere una delusione a casa tua. Va bene, staccare la spina. Ignorare le regole dello stato, è il tuo”, mi raccomando, dimmi se sto diventando pesante eh?»
«No, anzi.»
«Ti avverto, così mi stai incoraggiando ad esserlo.»
«Ahahah! Ti dirò io quando esageri.»
Francesca trovava che fosse facile parlare con lui, le sembrava di conoscerlo da molto tempo e si sentì in vena di confidenze. Cominciò a parlare di sé, raccontò della morte del padre, avvenuta appena un anno prima. Da lui aveva ereditato la passione per la musica rock. Le mancava da morire, specie da quando i rapporti con la madre si erano guastati. Da quando suo padre era morto, tra loro regnava il malumore e l’incomprensione, sembrava che anziché stringersi nell’abbraccio consolatorio di due persone che hanno subito un grave lutto, si fossero allontanate, sprofondando, ciascuna a modo suo, nella propria infelicità.
«Adesso sono io quella pesante, scusa», scrisse ad un certo punto accorgendosi di aver parlato a lungo senza lasciargli spazio per intervenire.
«Tuo padre ti amava e il ricordo del suo amore ti sorreggerà nei momenti di difficoltà. Anche tua madre ti ama e tu ami lei, ne sono certo…devi trovare un modo per riavvicinarti a lei. Devi farlo tu, perché in questo momento, ti sembrerà strano, ma sei tu la più forte tra le due.».
Lette quelle parole Francesca trattenne a stento lacrime di commozione. Sapeva che Neri aveva ragione ed era meravigliata oltremodo da lui, dalla sua sensibilità. Restò in silenzio per qualche minuto.
«Io e i miei consigli da psicologo dilettante…se ti ho turbato, scusami. È solo che io non ho avuto la tua stessa fortuna con i miei.»
«Non ti scusare, ho apprezzato invece. Non corrono buoni rapporti tra te e i tuoi genitori?» domandò curiosa.
«Diciamo che non mi trattavano molto bene. Parlo al passato perché hanno perso la patria potestà su di me quando avevo diciassette anni.»
«Oh, mi dispiace…» replicò completamente spiazzata.
«Sì, beh, forse è meglio tornare a parlare di musica. Se ti stanchi del gioco, mettiti in viaggio verso le nuvole, così canta Eddie in Alright. Quali sono i brani dei Pearl Jam che ti piacciono di più?».
Francesca, anche se moriva dalla voglia di saperne di più della vita di Neri, dovette abbozzare e mettere da parte la curiosità.
«Oh, dovrei fare un lungo elenco, quello che ultimamente mi tocca di più però è Come back», rispose.
«Certo, capisco. Io invece, tutte quelle che parlano di rivendicazioni e di riscatto rispetto al passato: Alive, Rearviewmirror, Gone, Given to fly…»
«Uhm mi stai incuriosendo molto… »
«Ahahah! È una tattica che uso con le ragazze. Il tipo dallo spirito tormentato funziona sempre.»
«Ah, quindi, fa tutto parte di una messinscena: si citano canzoni con strofe cariche d’inquietudine, si alternano frasi ad effetto e il gioco è fatto, è così?».
«Ahahah!»
«Non ci trovo niente da ridere sai? Aggiungiamoci il mistero della tua identità: nome contraffatto, nessuna foto. Una mia amica dice che non c’è da fidarsi di chi non mostra la propria faccia.»
«La tua amica ha ragione.»
«Come sarebbe? E quindi?»
«Quindi cosa? Io non ti avrei mai chiesto l’amicizia se non avessi visto la tua faccia.»
«Ah, perciò, ho sbagliato ad accettare la tua amicizia, non sei un tipo raccomandabile dunque. »
«Sì è così, altrimenti ci avrei messo la faccia. È così che si dice no?»
«Stai scherzando, vero?»
«Sì e no. Okay, ora farò una cosa e che tu ci creda o no, è una cosa che non ho mai fatto prima.».
Neri inviò una foto. Si trattava di un selfie estemporaneo. Un mezzobusto illuminato dalla luce di un’abatjour. Neri, in canottiera stava con la schiena appoggiata alla testata del letto. Francesca, osservò la foto per lunghi momenti, cercando di coglierne ogni particolare. Notò che era un tipo molto piacente: occhi allungati, naso dritto, bocca carnosa, linea pulita della mascella, collo e spalle forti. Il perché non si mostrasse in pubblico le sembrò un vero mistero. Però non voleva fargli sapere che era rimasta colpita dalla foto, quindi scrisse: «Non sembri proprio un rockettaro.»
«Ahahah, beh, certo, i rockettari hanno i capelli lunghi, la barba, pigiami con i teschi, borchie…».
«Sembri più uno che vive in palestra, ecco.»
«Uhm… suona come un insulto.»
« Ma no, è che ho notato i muscoli.»
«Diciamo che ho una stazza importante e lo scarso movimento e la reclusione forzata rischiano di appesantirmi troppo, quindi mi sono costruito una sorta di palestra in casa per tenermi in forma, tutto qua.».
«Sembri anche più grande della tua età…»
«Perché, sai quanti anni ho?»
«No, ma frequenti l’ultimo anno di università, giusto?»
«Giusto, ma questo non significa gran che, l’università è aperta agli studenti di qualsiasi età purché abbiano conseguito un diploma di maturità.»
«Ok, quindi quanti anni hai si può sapere?».
«Scherzo, dai. Sono in regola con l’università, ho 26 anni, ma ne dimostro di più, non posso farci niente»
«Ti diverti a prendermi in giro, eh?»
«Un po’ sì»
«Senti un po’ piuttosto, ammetterai che è un po’ strano che un tipo, diciamo, con le tue caratteristiche fisiche, non si mostri in pubblico.»
«Con tue caratteristiche fisiche… che giro di parole per dire che sono carino e comunque stai ragionando per luoghi comuni, sappilo»
«Sarà, ma tu non hai risposto alla mia domanda.»
«Quale domanda scusa?»
«Dai su, era implicita, perché non pubblichi foto di te su Facebook?»
«Non mi pare sia tra gli obblighi dell’iscrizione al social»
«E va bene, messaggio ricevuto.». Anche se non era vero, voleva dargli l’impressione di essersi risentita per la sua reticenza ad aprirsi con lei. E ci riuscì, perché passarono parecchi minuti di silenzio, prima che Neri si accingesse a comporre un nuovo messaggio.
Francesca attendeva impaziente, quando finalmente comparvero sullo schermo queste parole: «Mi chiamo Neri Manenti, ho 26 anni, vivo a La Spezia. Sono iscritto all’ultimo anno d’ingegneria nautica e quando avrò finito di scontare gli arresti domiciliari per furto aggravato, comincerò a lavorare in un cantiere navale.»
Francesca restò basita, si tirò su a sedere nel letto e tornò a guardare la fotografia di Neri. Questa volta riuscì a cogliere qualcosa che andava oltre la sua avvenenza, l’infinita malinconia del suo sorriso. Rilesse di nuovo il messaggio breve e spiazzante di Neri, cercando di farsi venire in mente qualcosa di appropriato da dire. Nel frattempo Neri riprese a scrivere.
«Non sono riuscito a trovare un modo più delicato per dirti queste cose. È la prima volta che scrivo in privato a qualcuno del social, sono stato stupido a farlo, se vuoi, ci salutiamo qui, adesso.»
«Da quanto sei ai domiciliari e per quanto ne avrai ancora, ti va di dirmelo?» chiese lei di rimando.
«Da un anno e ne avrò ancora per otto mesi. Ma prima, ho scontato qualche anno in prigione. Chi sbaglia, deve pagare, è giusto così. In fondo, in questo periodo, scontare la pena a casa non mi pesa poi tanto. Tutta l’Italia è reclusa: mal comune mezzo gaudio, ti pare?». Disse lui, ma Francesca non riusciva proprio a scherzarci su, a buttarla sul simpatico, come stava cercando di fare lui.
«Sarò sincera Neri, sono preoccupata. Non so se questa cosa per me vada bene, scusa, mi dispiace. »
«Capisco. Non importa, come non detto. Chiuderò la conversazione con una frase ad effetto, un’altra strofa di Alright: “Non puoi nascondere le bugie nei cerchi di un albero. Se il tuo cuore batte ancora libero. Tienilo per te”. Buonanotte Francesca.»
Francesca, molto turbata, rimase immobile per qualche secondo guardando il cellulare. Neri, era appena entrato nella sua vita e già ne era uscito. Il loro rapporto era stato una toccata e fuga, eppure, non sapeva spiegarsi il perché, le mancava. Spense il cellulare, lo chiuse nel cassetto e cercò di dormire. Alle tre di mattina, dopo essersi rigirata nel letto per tutto il tempo, non era ancora riuscita a prendere sonno. Prese il cellulare, lo accese, scattò una foto al suo avambraccio e la inviò a Neri con un messaggio: «Given to Fly, il mio tatuaggio. Tu hai tatuaggi? Non sei un vero rockettaro se non hai almeno un tatuaggio.»
Neri rispose quasi in simultanea: «Se è per questo, secondo un luogo comune, anche i veri galeotti li hanno. Ma io non ne ho né da rockettaro né da galeotto. Vado bene lo stesso?».
«Alright» rispose lei.
Questo è il potere della musica! Unire due diverse vite e dare loro la possibilità di esprimersi! Allright
Grazie 🤗😍🙏
Le sensazioni, le speranze, le attese, le delusioni, i passi a avanti, i passi indietro, la costruzione di un passo a due...a tempo di rock
Un racconto per tutti i fan dei Pearl Jam. Ovviamente per me impossibile non recensire positivamente...Alright 🤘🤘🤘