Seydou aveva vissuto a Brazzaville per oltre trent’anni, insieme alle sue due sorelle, Siko che faceva la prostituta e Poni che nessuno aveva mai capito cosa facesse.
Tutte e due erano bellissime, le più belle del Congo diceva Rhama la loro madre.
Non è semplice crescere accanto a delle dee, desiderate da tutti, Seydou diffidava di ogni suo amico, era sempre dubbioso che fossero amicizie reali o delle scorciatoie per trombargli le sorelle.
Per fortuna il ragazzo aveva sempre avuto la passione della lettura, fin da piccolo, così si preoccupava poco dell’avvenenza e del clamore che destavano Siko e Poni.
“Creare è vivere due volte” aveva scritto Albert Camus e così un bel giorno Seydou iniziò a scrivere.
Da bambino e poi da adolescente era sempre stato timidissimo, per questo da subito prese la decisione di non firmare mai niente di ciò che avrebbe pubblicato. Non voleva dare in pasto a chi lo conosceva il suo lato più fragile e intimo.
La gente ti chiede sincerità, ma poi appena liberi la tua anima, sono lì pronti come un plotone d’esecuzione a fartela pagare. Perché loro, il mondo, non lo fa, vive nel terrore di essere scoperto, di proteggersi dall’altro come il pericolo più grande e mettendo una maschera diversa per ogni occasione.
Ma lo fa da attore amatoriale, come uno che declama parole vuote piuttosto che interiorizzare personaggi epici.
Meglio uno pseudonimo allora.
Quando Seydou finì tutti i libri di Brazzaville decise di partire. Voleva andare in Europa, destinazione Portogallo.
Aveva sentito parlare di una libreria magica, chiamata “La livraria Lello”, sembrava che J.K. Rowling la frequentasse negli anni in cui si mise a scrivere Harry Potter, nel periodo in cui visse a Porto insegnando l’inglese.
Tra tutti gli autori africani Seydou amava Taiye Nwapa, i suoi libri li sentiva vicini in un modo che faticava a spiegare. Esistono autori che ti parlano come se fossero vecchi amici, ti prendono sotto braccio e tu fatichi a capire cosa stia accadendo, ma lasci comunque che quel braccio ti accompagni nel cammino della tua esistenza.
Spesso non razionalizzi l’importanza di questa strada percorsa insieme, anche perché “dall’alto” ci hanno fatto credere che tutta la strada che facciamo, la percorriamo da soli.
“Si nasce soli e si muore soli!”
Per il ragazzo africano quella frase era la più grande cazzata dell’umanità, in ogni momento abbiamo una mano e occhi vicini che possono accoglierci, sta a noi volgere lo sguardo in quella direzione. Sono braccia che ci estraggono dal corpo di nostra madre e mani che ci tengono la mano nel nostro ultimo respiro, per questo detestava quella frase inutile.
Anche se Seydou amava stare solo, la solitudine per lui era una manna.
“Io la sposerei anche tua sorella, ma so già che mi dirà di no, lei tiene troppo al suo lavoro”.
“Ma tu chiediglielo Atu, magari lei ti dice di sì”.
“No, Seydou, non ho nessuna speranza, non rinuncerà mai agli altri cinque, e come si fa a darle torto, anch’io se fossi nella sua situazione farei lo stesso”.
“Tu sei una persona saggia, mia sorella è fortunata ad averti incontrato”.
“Sono io che ho vinto alla lotteria Seydou, lei è una regina, le persone vedono solo il suo aspetto, ma io e te sappiamo che il suo splendore dimora altrove”.
Siko era una puttana di classe, aveva sei clienti fissi e solo ogni tanto, tipo una volta al mese, accettava qualche nuovo cliente, che però non sarebbe mai diventato uno dei fissi, era giusto per provare qualcosa di nuovo. Sei erano più che sufficienti.
Ma ogni lavoro può diventare ripetitivo dopo un po' e la ragazza c’era una sola cosa che non sopportava nella sua vita: la noia.
I “fissi” erano terrorizzati che potessero essere sostituiti, ma Siko era una persona seria, con dei principi e dei sani valori, non lo avrebbe mai permesso.
Seydou li aveva conosciuti tutti e sei e gli erano tutti molto simpatici, non solo Atu con cui era più in confidenza.
Avevano tutti età diverse, culture diverse e personalità diverse, pagavano anche cifre diverse, in base a quello che potevano, c’era chi pagava quasi il prezzo di una macchina per passare una giornata con lei e chi invece l’equivalente di un chilo di patate.
Tutto si poteva dire di Siko, tranne che non fosse una persona democratica.
“Seydou, loro pagano per il mio tempo, il mio corpo è un qualcosa in più, non credo sia la parte più importante di me, anche loro lo sanno”.
E infatti a volte il sesso non faceva neanche parte di quegli incontri. Ma sempre una prostituta rimaneva, sesso o non sesso.
Il fratello non aveva un giudizio morale sulla sorella, non aveva mai neanche formulato il pensiero che quello fosse un lavoro sconveniente, era una professione come tante altre.
In Occidente, aveva letto che molte donne facevano svariate attività sportive, yoga, scherma, nuoto, badmington, padel e tanto altro, per lui era come se Siko andasse in palestra, magari utilizzava muscoli diversi, ma alla fine era pur sempre anche quella un’attività ginnica, con magari qualche chiacchiera in più.
E così un giorno il ragazzo decise di partire per andare a Porto, voleva andare in quella famosa libreria.
Inutile soffermarsi sul viaggio, storie già viste, tutte uguali, angherie, sofferenze, soprusi, furti, ma Seydou aveva una bella corazza che lo proteggeva da ogni cosa.
Ma il pensiero principale che lo tormentava durante tutta quell’odissea era legato alla sorella Poni.
Possibile che non fosse riuscito a capire cosa facesse? Qualcuno vociferava che fosse segretamente l’amante del presidente del Congo, ma lui sapeva che non era vero, Poni era molto amica della moglie del loro capo di stato, nient’altro, quella non era la pista giusta.
Ma non capiva cosa diavolo facesse. Non se ne capacitava di questo.
Arrivato a Porto iniziò a cercare qualche lavoretto, giusto per mantenersi, e poi iniziò a frequentare la tanto desiderata livraria Lello.
Comprava dei libri, prendeva la sua bicicletta e se li portava in giro per la città, cercando dei posti che lo ispirassero per poterli leggere.
In un parco storico, in un bistrot, vicino al mare con i gabbiani che gli svolazzavano vicino, ogni libro aveva un luogo ben definito per poter essere letto. Il luogo era fondamentale, faceva parte dell’opera, nessun autore esisterebbe senza dei lettori.
Tra i vari personaggi che frequentavano la libreria un giorno conobbe Laura, una signora su una sedia a rotelle con i capelli grigi e l’aspetto giovanile.
La donna faceva parte di un gruppo di lettrici che andavano nelle scuole a leggere le fiabe ai bambini.
Quando iniziarono a parlare i due scoprirono di avere diverse cose in comune e così tra Seydou e Laura nacque un’amicizia profonda, un legame di quelli veri, disinteressati, basati sul rispetto reciproco e anche un po’ di simpatia.
Seydou le parlò di Taiye Nwapa, la donna non conosceva questa scrittrice e insieme convinsero la proprietaria della livraria a mettere i suoi libri in vendita e ad invitarla per la presentazione del suo nuovo libro.
Dopo qualche mese il giorno di Taiye arrivò, Seydou era emozionato come un bambino che entra al cinema per la prima volta, finalmente avrebbe conosciuto la sua scrittrice preferita, per lui era stata per anni quasi uno spirito guida, un’anima a lui affine.
Quando lei apparve gli sorrise e così il ragazzo che in realtà era oramai già un uomo scoprì che non era l’unico che si nascondeva sotto uno pseudonimo per proteggersi dal mondo.
Quel sorriso spezzò il respiro a Seydou che finalmente capì che lavoro facesse sua sorella Poni vedendosela comparire miracolosamente davanti.
E così anche lui iniziò a scrivere seriamente.
DAIIIIII! Max, riesci a creare dei colpi di scena sensazionali con pochissimo, ed è sublime! Come dissero gli Stato Sociale, «quanto più si è leggeri tanto meno si è superficiali». Complimenti vivissimi, hai stoffa da vendere come scrittore... Dario
Come i racconti precedenti, molto bello e scorrevole. Un po' di incognita che ti accompagna fino alla fine del racconto.
Concordo con il commento che dice che il racconto è sempre ben scritto. Questo narra anche di un piccolo mistero che lascia la suspence e che si risolve alla fine. Seydou la scrittura ce l'ha nel DNA, innata, familiare. Come dire, la propria strada la si costruisce giorno per giorno con le scelte quotidiane, ma è interessante anche pensare che, volte, basta lasciarsi guidare dal proprio istinto, passione o chiamatelo pure cuore.
Bravo Max!
"La gente ti chiede sincerità, ma poi appena liberi la tua anima, sono lì pronti come un plotone d’esecuzione a fartela pagare." Credo che questa frase racchiuda in sé tutto un paese, quello in cui viviamo soprattutto. Per il resto non ho ancora capito cosa c'entra il titolo con il racconto in sé. O son tardo io a non averlo capito, o proprio mi sfugge il nesso. Comunque sempre ben scritto.
Bravo! Bel racconto. I tui racconti sono sempre intriganti e ben scritti: hanno anche un buon ritmo.