top of page

Cosa è successo a Paul


foto e testo di Max Chianese

Erano passati vent’anni da quel giorno e Arthur, entrando nella stanza, si ritrovò a pensare a quelle giornate speciali.

Due decenni erano trascorsi dalla nascita di Paul, il personaggio nato dalla sua penna, quello a cui era più legato come sceneggiatore e regista

In quella storia aveva messo uno struggimento di cui faticava a parlare con altri, il desiderio di avere un figlio, anzi una figlia.

Spesso le persone definiscono la paternità o la maternità come un completamento della propria esistenza, Paul e naturalmente Arthur, non erano di questa idea.

Bisogna avere rispetto, dicevano entrambi, di chi manifesta la voglia di non avere figli, non è un obbligo averne, non si è migliori o peggiori, è solo una casualità, a volte neanche tanto voluta.

In quegli anni Arthur non aveva nessun legame sentimentale e questo poteva ancor di più creare stupore da quel sentire, un uomo single con quel tipo di sentimento.

Nella società di oggi, psicanalisi o no, si poteva affermare che dietro ci fosse qualcosa di strano, qualche mancanza, qualche trauma, ma per fortuna i sogni non sono mai spiegabili dalla logica o dal comune ragionamento, questo è il miracolo e il mistero della natura umana.

Paul assomigliava maledettamente a Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento, detto semplicemente Novecento, il personaggio creato da Alessandro Baricco, ma non aveva la capacità di suonare il pianoforte come un Dio, aveva un’altra qualità, quella di raccontare delle storie a sua figlia e creare sempre dei giochi nuovi per lei.

La figlia era bellissima, amava ballare e aveva negli occhi gli stessi sogni del padre, primo fra tutti la voglia di libertà.

Essere liberi viene spesso equivocato dai molti, non significa essere in grado di uccidere, rubare o fare qualsiasi cosa si voglia, ma semplicemente seguire la propria natura e non omologarsi al comune pensiero o al tempo che si sta vivendo, consapevoli che l’uomo ha attraversato millenni in modo diverso e non esiste un giusto e uno sbagliato, esiste la vita e la voglia di tuffarsi tra le sue onde.

Paul e sua figlia facevano giochi e piccoli indovinelli, come ad esempio indovinare le capitali degli stati o quali persone si chiamavano Paul come lui.

Amavano stare nella natura, nei parchi, nelle foreste, entrambi si sentivano parte di essa, del creato.

Ogni tanto Paul chiudeva gli occhi e davanti a lui sua figlia diventava una donna, sempre con sembianze diverse, ma sempre bellissima, a volte aveva i capelli biondi, a volte castani, a volte molto pallida, a volte un po' più scura ma era sempre lei, il suo sorriso era sempre lo stesso.

Il modo di ridere con gli occhi di ogni persona è ancora più identitario della voce o delle sue impronte digitali, è unico e inspiegabile.

La vita è un gioco e chi smette di giocare non smette di essere bambino, cessa di esistere, questa era la massima di Paul.

Poi lei tornava bambina e il padre le rimboccava le coperte, la metteva a dormire e le raccontava una storia.

Aveva iniziato a raccontare piccole favole da quando lei non possedeva alcuna forma di linguaggio, ma quei suoni le avvolgevano la pelle come una membrana impalpabile e le sarebbero rimasti addosso per tutti gli anni a seguire.

I racconti di Paul parlavano sempre di un uomo che si chiamava come lui, Paul, e che aveva un grande e unico desiderio che però non veniva mai rivelato.

La figlia impazziva nel non capire cosa fosse, le provava tutte: diventare un grande scrittore, avere un castello, andare sulla luna, ma niente, non riusciva mai a beccarlo.

“Il desiderio di Paul” era il titolo della storia creata da Arthur che poi era diventato un piccolo film, un cortometraggio.

Sul finale c’era una dedica speciale, a dei bambini che non aveva mai conosciuto, i bambini uccisi nella tragedia di Beslan.

Nei paesi dell’ex unione sovietica e nell’attuale Russia tutti gli alunni vanno a scuola il 1 Settembre, è una tradizione che è stata conservata da sempre e ancora avviene.

Il primo Settembre 2004 un gruppo terroristico di fondamentalisti islamici e separatisti ceceni prendeva in ostaggio una scuola nell’Ossezia del Nord, appunto a Beslan, sequestrando circa 1.200 persone, tra adulti e bambini.

I morti furono 386 di cui 186 minorenni.

Esiste una tragedia più grande rispetto a questo crimine? Aggredire una scuola nel giorno in cui le speranze e i sogni stanno facendo nascere della consapevolezza in nuove donne e uomini che affronteranno il mondo?

E’ stato quello l’inizio della fine dell’umanità?

Arthur non aveva mai dimenticato questo tragico avvenimento, se lo era portato dentro.

E oggi, che aveva appena passato da poco i cinquant’anni, non sapeva capacitarsi di aver scritto quella storia vent’anni prima. C’erano ancora bambini che morivano in tante parti del mondo ma non importava a nessuno; giornalisti e politici si facevano belli raccontando e ostentando il numero dei bambini morti di ogni guerra, esclusivamente per creare clamore, ma senza nessun interesse per quelli che avrebbero potuto essere loro figli.

Arthur diffidava di chiunque parlasse di bambini in quei contesti, ne capiva subito la falsità, l’ipocrisia, anche perché dei bambini di Beslan non importava più niente a nessuno, esclusi i famigliari delle vittime.

Paul non aveva mai smesso di esistere dentro di lui, anche ora che aveva realizzato il suo desiderio e con lui il suo autore.

Ogni tanto Arthur ricordava con affetto i momenti di quel corto che aveva girato, pensava a Valeria, a Tamara a Carol, a Giacomo, a Roberta, a Cristiana e Cristina, a Michelangiolo, a Simona, ad Elena, a tutti quei compagni di viaggio di quei giorni, che lo avevano portato ad essere oggi in quella stanza.

Poi abbassava le luci, metteva gli occhiali, rimboccava le coperte e iniziava a raccontare la storia a sua figlia e pensava che è vero, a volte i desideri si realizzano.

 



 

 

 

 

 

 

 

4 commenti

Post recenti

Mostra tutti

HOPE

4 comentarios


Miembro desconocido
01 ago

Mai smettere di giocare, questo è anche il mio motto. Leggendo questo scritto è molto facile farsi trasportare da quel desiderio che è insito in ognuno di noi della ricerca della propria "normalità". Condivido che le scelte che ciascuno di noi fa sono speciali per colui che la compie, ma questo non significa che sia migliore o peggiore di altre, la vita è questa cosa qui punto. Questo racconto lo definirei l'essenziale.

Me gusta

Miembro desconocido
31 jul

Nel dramma mette pace...

Me gusta

Miembro desconocido
28 jul

Max, sei diventato il mio scrittore preferito.

Me gusta
Miembro desconocido
28 jul
Contestando a

Troppa grazia Antonio, sto cercando di sfruttare al meglio la possibilità che mi ha dato Cinzia Milite, senza di lei non lo avrei fatto, quindi ringrazio lei e te per le tue parole!

Me gusta
bottom of page