C’è stato un momento nella mia conoscenza con Elena che difficilmente dimenticherò.
Eravamo in aeroporto, in attesa del volo per Napoli da Linate, ad un certo punto lei ha iniziato a fissare gli aerei in partenza da una grande vetrata.
Mi sono messo a guardarla e da subito ho avuto ben chiaro che non sarei mai riuscito a capire chi fosse.
Ci sono esseri che portano delle cicatrici addosso, che solo quando riesci ad entrare nella loro intimità emotiva, puoi scorgere qualcosa, altrimenti ti sembrano le persone più sorridenti della terra. La realtà è sempre da un’altra parte però.
A Napoli dovevamo andare per uno spettacolo teatrale, entrambi facevamo parte della “Compagnia dei Mercenari”, dove c’erano attori delle migliori accademie del Nord Italia, io avevo studiato a Milano, lei a Genova.
A ripensarci non posso dire che Elena mi sia mai piaciuta veramente, era una bella donna, un bel corpo, un bel volto, ma con ragionamenti e pensieri un po’ distanti da me. E purtroppo per me queste ultime cose hanno sempre contato tanto.
Anche se “sempre” è’ sempre una parola grossa!
Quel viaggio a Napoli era andato bene, lo spettacolo aveva avuto un bel riscontro di pubblico, con lei e con gli altri avevo passato momenti che solo a distanza di tempo sarebbero diventati indimenticabili, in quei giorni sembravano normali.
Nella successiva produzione Elena non fu coinvolta, quindi non ci ritrovammo più a lavorare insieme, ma rimase tra di noi un bel rapporto.
Dopo qualche anno iniziai a pensare di entrare in un teatro stabile di Genova, così chiamai Elena se poteva consigliarmi a chi rivolgermi. Mi disse che l’ideale era restare almeno tre giorni nella sua città e farsi il giro dei teatri stabili e delle compagnie più importanti.
E mi offrì la casa dei suoi nonni dove potermi fermare in quei giorni, un gesto che mi spiazzò.
Mi venne da pensare subito: “E se forse io le piaccio?”, poi tolsi quel pensiero. Le conclusioni scontate non sempre sono quelle più intelligenti.
In quella casa c’erano delle sue foto da bambina, una in particolare mi aveva colpito: aveva una giacca a vento rosa, guance belle rosse e due codini spettacolari, un Harley Quinn in erba. Lo sguardo era basso, ma si capiva che se ti avesse guardato, la tua vita sarebbe cambiata.
Elena mi è sempre sembrata una persona sola, anche quando ho conosciuto un suo fidanzato, quelle cicatrici nell’anima a me sono sembrate sempre molto evidenti.
Nessuna compagnia mi prese, nessun teatro stabile, passarono gli anni e con Elena ci perdemmo di vista. Ma un giorno, dopo tanti anni, rividi il suo volto.
TUTTI I GIORNI
Saranno passati almeno una decina di anni e stavo seguendo in televisione un programma di libri dove un’autrice di nome RAYMONDE parlava del suo ultimo romanzo. La protagonista Margherita era passata da una vita da universitaria ad un’esistenza dissoluta, mi ero segnato il titolo, perché il giorno dopo sarei andato a comprarlo.
Poi partì il telegiornale e subito ci fu una immagine di Elena.
Si parlava di lei, 32 anni, brutalmente uccisa dal fidanzato di 45 anni che lei aveva già denunciato più volte.
Nelle immagini fecero vedere una bara che usciva da un appartamento.
Oramai capita tutti i giorni che ci troviamo davanti ad immagini come queste, la miseria umana in cui viviamo è esserci assuefatti a tutto questo.
DONBASS 2016
La guerra civile in Ucraina procedeva inosservata e ignorata da parte di tutto il mondo occidentale.
A Spartak e a Pesky i bombardamenti erano frequenti, molte persone erano già scappate all’estero, ma qualcuno, da vero patriota o semplicemente stupido o con poche risorse, non poteva permettersi nemmeno di scappare.
Oleg aveva due figlie, Ljuba e Valentina, entrambe frequentavano la scuola di Danza di Avdiivka.
Le due bambine si rendevano conto che qualcosa di diverso stava accadendo nella loro città, nelle loro vite, i genitori avevano gli occhi terrorizzati da quando si alzavano la mattina a quando insonni restavano a letto a fissare il muro.
Ma loro due ballavano e in quei momenti tutto spariva: la guerra, il male, i cuginetti a cui non parlavano più perché erano diventati i nemici.
La direttrice della scuola era diventata per loro e per gli altri bambini una seconda mamma, si chiamava Ljudmilla, era una donna saggia e premurosa.
Ma la sera, quando nessuno poteva sentirla, nella semioscurità del suo monolocale, si trovava a scrivere le sue impressioni sul suo taccuino:
“Quante guerre esistono al mondo oggi? Perché dovrebbero accorgersi di noi? Si inizia a parlare di una guerra solo quando ci sono interessi economici in ballo. La democrazia e la giustizia contano poco, solo gli stupidi o gli innocenti ci credono ancora, e i politici vivono di questo.
Chissà, un giorno, magari tra qualche anno, qualcuno parlerà delle nostre terre e ognuno di loro penserà di aver capito tutto su questa guerra. I governanti si faranno i loro conti e decideranno che da quella guerra potranno trovare il modo di fare più soldi, loro, non le nazioni che rappresentano.”
E prima che bussassero alla porta, prima che la venissero a prendere, scrisse:“Solo se ti muore chi prima era tuo fratello e adesso è il nemico, puoi comprendere il significato della parola guerra.”
Anche la parola femminicidio la puoi capire solo se hai guardato per un po' lo sguardo di una donna che fai fatica a capire. Devi avere la voglia e la pazienza di volerlo fare.
Magari dentro un aeroporto.
Altrimenti…
sono tutte immagini tra una pubblicità e l’altra.
Ciao Max.....ho apprezzato molto i contenuti del tuo racconto e il come li hai raccontati .
Ogni persona ha un "profilo" pubblico e uno privato che difficilmente viene condiviso con altri, spesso neppure con le persone più care. Quello privato è spesso fatto di silente sofferenza quando quello pubblico è ( o meglio sembra) gioioso e spensierato. Spesso questo contrasto porta ad una solitudine di fatto anche se sei in mezzo alla gente e, magari, scherzi e ridi. Alla fine " il velo si abbassa" quando accade qualcosa di grave come ad Elena e allora ci si chiede : " non potevo accorgermene prima ?" "Non avrei potuto fare qualcosa per lei?"
Ti dirò : forse sì, ma anche probabilmente…
Ho apprezzato molto l intera stesura scorrevole che dona alle parole la giusta collocazione .Complimenti Max
La sensibilità che ti caratterizza percorre l’intero racconto, ma si assapora soprattutto nel finale costituito da poche frasi che traboccano di poesia.
Hai toccato temi tragici, ma con delicatezza, li hai posati nelle mani del lettore che, senza quasi accorgersene, si ritrova perso in riflessioni profonde.
Grazie, Max. Attendiamo impazienti il prossimo.
Una storia tira l'altra. Le diverse svolte della storia sono sorprendenti e il finale è pieno di drammaticità. La narrazione è facile da capire e l'espressione delle emozioni interiori si fa sentire.
mi piace molto, Bravo Max, grazie per la condivisione:)
Questo testo fa venire voglia di conoscere ancora meglio la storia di Elena, le sue gioie e le sue paure… E, inoltre, fa venire voglia di leggere altri racconti di Max!