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GYPSY

Aggiornamento: 21 lug 2024

di Cinzia Milite
racconto selezionato per l'antologia "Professione Viaggiatore" Idrovolante Edizioni

Dal finestrino dell’aereo Anna ammirava il verde sotto di lei, quel verde intenso che solo in

Asia si trova, mentre il cielo iniziava a colorarsi d’oro capì che la Birmania le sarebbe entrata

nel cuore. Arrivò a Yangon all’ora del tramonto accolta dai suoi colori più belli.

Non vedeva l’ora di sdraiarsi in un comodo letto dell’hotel prenotato con la cena proposta

nella brochure dell’albergo, che già immaginava squisita.

Yangon era la prima tappa di quel viaggio, si sarebbe trattenuta solo una notte, riservandosi di visitarla al ritorno del tour che aveva organizzato. Come la protagonista del film “Mangia,

prega, ama”, intraprendeva un viaggio alla ricerca di se stessa, solo che a differenza della

protagonista del film che si era concessa una vacanza di un anno in solitaria, Anna disponeva

di quindici miseri giorni di ferie.

Un po’ poco per mettere in discussione la propria esistenza; a trentacinque anni, benché

avesse accumulato successi nel lavoro e intessuto relazioni significative, si domandava: "È

tutto qui?”. Ma cosa voleva in realtà dalla vita?

Anarchia.

Alla fine realizzò che desiderava l’assenza di ordine e di governo di se stessa.

Desiderava l’abolizione dell'autorità costituita che lei aveva legittimato, tesa a dimostrare sempre qualcosa alla società. Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte delle

persone esiste, questo è tutto. Lo affermava Oscar Wilde ed io, accidenti, voglio vivere! Si disse un giorno sentendosi oppressa da ogni forma di costrizione esterna, mettendo in discussione i traguardi raggiunti per poi decidere di staccare la spina per un po’ organizzando quel viaggio in solitaria.

Alle quattro di mattina si svegliò e si affacciò alla finestra della sua camera d’albergo. Vide la

pioggia battente tipica della stagione dei monsoni ma restò ottimista riguardo al tempo; si era informata e sapeva che il monsone era già passato, anche se era ancora settembre e che le eventuali piogge sarebbero durate poco.

Il tempo di una doccia poi scese per la colazione, un caffè veloce e via in taxi direzione

aeroporto, mentre la pioggia lasciava il posto al sole che spuntò tra le nuvole, facendole

godere della sua prima meravigliosa alba Birmana.

All’aeroporto un piccolo ATR l’aspettava per portarla nella regione dei mille templi, salì a

bordo emozionata. Quando l’aereo sorvolò Bagan, Anna pensò compiaciuta che la città vista

dall’alto fosse proprio come nelle mille foto viste: con le guglie dorate che spiccavano tra il

verde.

Al mercato di Bagan ebbe il suo primo autentico contatto con i birmani, si ritrovò a

passeggiare tra la gente: la merce sui banchi e giù per terra, fu investita da sensazioni intense provocate dagli odori forti, dalla vista di frutti che non conosceva e dai colori nuovi,

restandone estasiata.

“In un altro posto forse avrei avuto paura ma non qui” si disse, “La gente ti sorride gentile”.

Procedeva con calma soffermandosi ai banchi per qualche piccolo acquisto, contenta del fatto che gli oggetti costassero pochi euro, con la possibilità di contrattare il prezzo. Si fermò ad un banco incuriosita da alcuni barattolini esposti su di esso; una signora cominciò a parlarle in Birmano"

«Sorry, I don't understand... Do you speak English?» domandò in tono rammaricato, alla

donna.

«Vorrebbe spiegarle come applicare la Thanaka, quei barattoli contengono la pasta con cui le donne birmane si disegnano il viso, ma che serve anche per proteggersi dal sole.» spiegò la voce di un uomo alle sue spalle.

Anna si voltò stupita e si ritrovò davanti ad un tipo alto, dai capelli e barba dorati e occhi

azzurri che spiccavano sul viso ambrato dal sole. Lo sconosciuto si era espresso in un italiano

perfetto, ma ad Anna sembrava uscito fuori da qualche saga epica dei popoli nordici; restò

interdetta per un attimo a fissarlo ipnotizzata dal suo aspetto, suscitando in lui una lieve

risata: «Di solito sono bravo ad individuare i connazionali all’estero ma può capitare di

sbagliarsi.» disse nel dubbio che lei non lo avesse capito.

«Oh…sì certo, sono italiana. Grazie della spiegazione, è che lei non sembra proprio italiano» si riscosse arrossendo un po’, imbarazzata.

«Niente di che, si figuri. Lo so…mia madre è australiana, discende da inglesi che avevano avi

danesi, nonostante abbia un padre siciliano, i geni dei miei avi materni hanno prevalso.»

«Forse anche quelli normanni» commentò lei, senza riuscire a distogliere lo sguardo dal volto dello sconosciuto.

«Forse. Mi chiamo Travis Conigliaro. Nome straniero, cognome siciliano.» si presentò con un

franco sorriso, porgendole una mano da stringere.

“Bellissimo e simpatico, troppa grazia… dove sarà la fregatura?” pensò, mentre acconsentiva alla stretta di mano: «Anna Mantovani piacere, Travis, ci diamo del tu, okay? Diresti alla signora che accetto volentieri la sua spiegazione e tradurresti?»

Travis passò subito all’azione e qualche minuto dopo Anna mise in borsa tre barattoli di

Thanaka.

«Grazie…»

«Figurati, che hai in mente di fare dopo? Intendo qual è la tua prossima tappa oggi?» chiese

con naturalezza.

«Oh, per oggi ho programmato di visitare la pagoda Schwezigon e poi stupa, templi e pagode fino al tramonto.» rispose.

«Wow! Eh ma ti capisco…anch’io la prima volta che sono stato in Birmania ero così eccitato,

anzi, confesso che nonostante venga spesso qui, ogni volta resto affascinato dalla sua magia.

Se ti va, finito il tuo giro, posso portarti su una collina per vedere il sole che scende sulla

ragione di Bagan; le guglie dei templi s’illuminano e quel mondo incantato, che gli stranieri

sognano di vedere per tanto, è finalmente lì davanti ai tuoi occhi. »

«È una proposta molto allettante» rispose, sentendosi stranamente a suo agio con lui. Travis

si comportava in modo spontaneo e disinvolto, l’imbarazzo che aveva provato davanti al suo

aspetto da star hollywoodiana si era dissolto.

«Beh, allora ecco: questo è il numero del mio cellulare, se decidi, chiamami quando avrai

finito. Torno al mio lavoro, se non dovessimo vederci più, ti auguro buona permanenza. È

stato un piacere conoscerti.» asserì spiazzandola. Non si aspettava che Travis si congedasse

così in fretta, era dispiaciuta, cominciava ad incuriosirla molto, non era un semplice turista.

«Okay grazie, posso chiederti che lavoro fai?»


«Faccio il fotografo» rispose incurvando le labbra in un sorriso, mentre sollevava leggermente la macchina fotografica appesa al collo che solo in quell’istante Anna notò essere di un modello molto professionale. Anna avrebbe voluto fargli ancora tante domande, ma si limitò a salutarlo, ringraziandolo ancora per la sua proposta, capendo che in quel momento lui aveva da fare. Mentre lo osservava allontanarsi tra la folla del mercato decise che finito il giro dei templi, lo avrebbe chiamato.

Dopo aver registrato il numero di cellulare che Travis le aveva segnato su un pezzo di carta, si preoccupò di cercare in internet qualche notizia su di lui. Ne trovò a bizzeffe: Travis Conigliaro era famoso e conosciuto ai più come Gypsy, il fotografo zingaro. Trentotto anni, italiano, da vent’anni fotografo free lance senza fissa dimora, ospitato in tutto il mondo da amici collezionati negli anni del suo girovagare. Scoprì, stupefatta, che esisteva perfino l’hashstag Gypsyphoto e di aver condiviso su Facebook una foto scattata in Patagonia firmata con il suo pseudonimo, postata da milioni di utenti dei social.

Al termine del tour tra i templi, Anna era spossata e in dubbio se chiamare Travis; pensava

all’indomani: l’aspettavano tre ore di pullman, poi una barca per navigare il fiume Irrawaddy

fino al villaggio di Yandabo. Alla fine dopo aver tracannato giù per la gola mezzo litro d’acqua, lo chiamò.

Il fotografo andò a prenderla in auto in un punto concordato al telefono.

«Certo che sei di una bellezza imbarazzante.» esordì appena seduta nel sedile, guardandolo.

«Ahahahah! E tu di una schiettezza sconcertante» reagì lui ridendo di gusto.

«Chissà quante volte te lo hanno detto» replicò lei ridendo a sua volta.

«Mai in questo modo e con questo tono…sembra un insulto, ahahah!»

«Ma non lo è»

«Okay, senti, se rispondessi che ti trovo bella anch’io penseresti che voglia ricambiare il

complimento per cortesia, preferisco mostrarti queste» disse mostrando delle foto sul display della macchina fotografica.

«Ma sono io!» esclamò Anna.

«Ti ho fotografata perché sono alla ricerca di un assistente, da poco quello che avevo assunto mi ha mollato, succede che gli assistenti mi mollino, non è una vita semplice quella che propongo, ma tu mi sembri il tipo adatto» disse diventando serio, mentre Anna lo guardava a bocca aperta esterrefatta.

«Ma…ma…io non ne so niente di fotografia» farfugliò confusa.

«Non ha importanza, conta come i tuoi occhi guardano il mondo e tu hai lo sguardo giusto,

quello che serve.»

«Mi stai dicendo che sei solito assumere persone incontrate per caso e di cui non sai nulla,

fidandoti dell’intuito?» indagò sempre più allibita.

«Beh... sì, in effetti, è quello che ho fatto fino ad ora e che vorrei fare oggi con te. » rispose con tranquillità spiazzante.

«Oh, santo cielo, cosa doveva capitarmi. » rimuginò a voce alta, suscitando un sorriso divertito nel suo interlocutore. Anna vide passare tutta la sua vita davanti a sé come se fosse in punto di morte. Okay, desiderava un po’ di anarchia, ma come poteva decidere così all’improvviso di abbandonare familiari, lavoro, amici?

«Devo risponderti subito?»



Lui annuì con il capo sorridendo, fissandola strizzando lievemente gli occhi.

Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte delle persone esiste, la frase di Oscar Wilde le ronzava in testa, mentre il suo sguardo faceva spola tra il paesaggio fuori dal finestrino e la macchina fotografica appesa al collo di Trevis.

«Mi serve qualche giorno per organizzarmi» disse prendendo un gran respiro.

«Okay, sta bene. E ora procediamo verso la tua ultima tappa da turista. Benvenuta tra i Gypsy, Anna.» assentì compiaciuto Travis mettendo in moto l’auto.


 

Premiazione concorso "Professione Viaggiatore"

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