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Il Re di Spagna (ispirato al brano "L'isola non trovata")

racconto di Cinzia Milite, 2° classificato alla III^ Edizione del Concorso Letterario Internazionale "Alcova Letteraria"

 

Ossuto, curvo e malconcio, Tarcisio Bova, piccolo impresario finito in rovina, sfrattato dalla moglie e padre di due figli persi negli anni, con le persone non parlava più. Non si fidava.  Da trent’anni bazzicava dalle parti del quartiere Garbatella a Roma, dove stava parcheggiato il suo furgoncino verde; per tutti era il barbone amico dei gatti. A settantasei anni nelle tasche del lercio pastrano portava con sé secoli di solitudine e avanzi di cibo con i quali sfamava i randagi con ostinazione.  I gatti erano i soli esseri viventi ai quali confidava le delusioni ricevute dai suoi simili e i suoi desideri: «Non c’è nulla di buono quaggiù per nosotros, un giorno dirò adios a todo el mundo e troverò un’isola tutta per noi dove vivere felici», lo si sentiva sussurrare di tanto in tanto mentre srotolava una cartina consunta e stropicciata. Per via del suo intercalare, chissà poi perché, parole in spagnolo e per la corte miagolante che lo seguiva ovunque, Tarcisio col tempo fu soprannominato dagli abitanti del quartiere il Re di Spagna. I suoi sudditi felini non lo lasciavano mai solo, nelle notti più rigide molti di loro trovavano rifugio dentro il furgone, altri si acciambellavano sotto di esso o si rintanavano sui copertoni. Benché malandato e coperto di stracci, per qualcuno, il barbone amico dei gatti, un’aria regale ce l’aveva davvero…



«È pazzesco, non trovi? Sembra un re bizzarro di una favola stramba», diceva Francesca, una studentessa d’arte, alla sua amica Viviana, soffermandosi a osservarlo.

«See, vabbè, certo che tu ne hai di fantasia…»

«No, dai… a parte gli scherzi, guarda che movenze»

«Ma se è un cencio tutto ricurvo!»

«Sì, ma cammina come fosse a mezz’aria»

«Questo perché il cappotto è lungo e non gli vedi i piedi»

«E lo sguardo? Hai notato? Che mi dici del suo sguardo?»

«Che ti dico? Ti dico che il poverello ha lo sguardo di uno che non ce sta più con la testa e pure da un po’, ti dico»

«Io invece colgo una certa fierezza, forse è davvero un nobile spagnolo decaduto, che ne sai? E poi…dici che lui è fuori di testa… e se invece i pazzi fossimo noi?»

«Noi chi, scusa»

«Tutti noi che viviamo le nostre vite incasellate, lui in fondo è un uomo libero»

«Oddio Fra, oggi non ti capisco, ma che c’era nel cappuccio stamattina? Andiamo dai, sennò quando arriviamo da Lucrezia…»

«Viviana, tu vai, io vi raggiungo più tardi, voglio fargli un ritratto»

«A chi? Al Re di Spagna?»

«Sì».

Viviana aveva ironizzato ancora un po’ sulla decisione dell’amica, poi, dopo aver insistito per farla desistere, alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa, se ne era andata.

Francesca trovò un angolo appartato dal quale osservare il barbone senza essere disturbata, tirò fuori dalla borsa il blocco da disegno che era solita portare con sé e cominciò a disegnare. Ritrasse il barbone che se ne stava seduto su un bidone proprio fuori dal furgone accarezzando un gatto accoccolato sul suo grembo.   Più disegnava e più le sembrava che il Re di Spagna fosse contornato da un’aurea magica. Una visione poetica che sentiva di dover immortalare in un disegno. Poi a un tratto si riscosse, vergognandosi un po’ delle sue fantasticherie, la sua immaginazione aveva avuto il sopravvento come al solito, si diceva; il pover’uomo non era nient’altro che un disgraziato che aveva perso tutto e viveva ai margini della società. Era un re forse, ma di una favola triste e senza un lieto fine. Rimirò i tratti di carboncino sul foglio che ritraevano il barbone per qualche secondo, le piacque ciò che vide, tuttavia si sentiva in colpa, quasi avesse rubato qualcosa all’uomo.

«Che stupida, invece di aiutarlo sto qui a guardarlo come se fosse un animale allo zoo…», mentre si accingeva a riporre il materiale da disegno in borsa, notò l’uomo muoversi verso di lei. Fu colta da un certo imbarazzo, frugò in fretta e furia nella borsa per cercare del denaro da offrire al barbone, ma l’impresa, forse per la foga o per la quantità di oggetti e la confusione che regnava all’interno della borsa, risultò difficoltosa, tanto che quando finalmente riuscì a trovare il portafoglio, il Re di Spagna si trovò a meno di un passo da lei.

«Sa…salve… que…questi sono per lei… li prenda.» farfugliò Francesca, porgendogli una banconota da dieci euro.

Ma il barbone non rispose e per un attimo lei incrociò il suo sguardo: le iridi azzurre del barbone le sembrarono liquide come due piccoli mari ciascuno con un’isola al centro. Per lunghi secondi le parve di caderci dentro in quei mari, poi il barbone distolse lo sguardo da lei e si chinò. Un gattino del quale Francesca non si era accorta della presenza, stava vicino alle sue gambe, l’uomo lo prese, lo infilò sotto il cappotto, si voltò e se ne tornò al suo furgone. La ragazza restò con la banconota che lui non aveva preso tra le mani, colta da uno struggimento che non sapeva spiegarsi. Un’emozione indefinibile come se si fosse trovata al cospetto della bellezza, della precarietà e dell’ineluttabilità della vita, tutto in una volta, ne ebbe paura e scappò via.



Qualche giorno dopo sulla vetrina di un’edicola l’annuncio di un quotidiano titolava: “Addio al Re di Spagna il barbone della Garbatella amico dei gatti”. Francesca lesse con il fiato sospeso tutto l’articolo; il barbone era morto quella notte e il suo cadavere era stato ritrovato sull’Isola Tiberina. Senza sapere esattamente il motivo si precipitò nella piazzetta dove lo aveva incontrato. Le dispiaceva perché si era ripromessa di dedicargli un po’ del suo tempo, avrebbe voluto approfondire la sua conoscenza ed essergli in qualche modo d’aiuto. Giunta sul posto si accorse con grande stupore che del furgone appartenuto al barbone non c’era più traccia e dei gatti neppure l’ombra.

Perplessa, si guardò tutt’intorno; come poteva essere? Si domandava tra sé e sé.

Una signora che passava di lì trascinando un carrellino per la spesa sembrò leggerle nei pensieri: «Il Re di Spagna ci ha lasciati e i suoi sudditi, non sapendo più che fare, se ne sono andati» esordì con un’alzata di spalle, facendola trasalire.

«Come scusi?»

«L’ho vista l’altro giorno mentre gli faceva il ritratto sa, se è tornata per terminarlo, purtroppo non potrà più. Eh… che ci vuol fare… dispiace un po’ anche a me, cosa crede, non parlava mai con nessuno, per lui gli esseri umani sembravano invisibili, ma io lo consideravo una presenza familiare ormai. Come altri nel quartiere, gli lasciavo del cibo ogni tanto, più della metà lui lo dava ai gatti… Stamattina presto un carroattrezzi ha rimorchiato il furgoncino del poverello e adesso sembra che lui non sia mai neppure esistito.

«Signora mi dica, i gatti, dove sono finiti tutti i gatti che erano qui, qualcuno li ha sgombrati?»

«No, nessuno si è preoccupato dei gatti, gliel’ho detto, il Re di Spagna è morto e i suoi sudditi se ne sono andati» concluse in tono quasi risentito piantandola in asso.

 

Ma bella più di tutte è l'isola non trovata,

Quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino il Re del Portogallo

con firma suggellata e bulla del pontefice in gotico Latino.

 

Il Re di Spagna fece vela cercando l'isola incantata,

però quell'isola non c'era, e mai nessuno l'ha trovata.

Svanì di prua dalla galea, come un'idea;

come una splendida utopia è andata via e non tornerà mai più.

Le antiche carte dei corsari portano un segno misterioso,

ne parlan piano i marinari con un timor superstizioso.

Nessuno sa se c'è davvero od è un pensiero;

se a volte il vento ne ha il profumo è come il fumo che non prendi mai!

 

Appare a volte avvolta di foschia, magica e bella,

ma se il pilota avanza, su mari misteriosi è già volata via,

tingendosi d'azzurro, color di lontananza.

 

Il Re di Spagna fece vela cercando l'isola incantata,

però quell'isola non c'era, e mai nessuno l'ha trovata.

Svanì di prua dalla galea, come un'idea;

come una splendida utopia è andata via e non tornerà mai più.

Le antiche carte dei corsari portano un segno misterioso,

ne parlan piano i marinari con un timor superstizioso.

Nessuno sa se c'è davvero od è un pensiero;

se a volte il vento ne ha il profumo è come il fumo che non prendi mai!


 

ascolta il brano "L'isola non trovata", di Francesco Guccini QUI

ascolta la versione dei Nomadi QUI

 

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