di Maria Grazia Porceddu
Torno sull’Onda lunga, stavolta dell’heavy metal, con una band che ha fatto la storia. Gli Iron Maiden sono leggenda, a partire dal nome che, ormai è cosa nota, gli è stato suggerito dalla “Vergine di ferro”, in inglese Iron Maiden, appunto, strumento di tortura citato nel romanzo La maschera di ferro di Alexandre Dumas. Ma l’attitudine a lasciarsi ispirare dalle pagine della letteratura mondiale la band ha continuato a praticarla negli anni, tant’è che sono numerosi i brani suggeriti da opere letterarie.
Oggi vi parlo di una canzone che sposa in pieno il mood del nostro viaggio tra le onde maledette di rock e metal: Rime of the Ancient Mariner, ultima traccia dell’album Powerslave del 1984. Il testo è ispirato alla ballata The rime of the Ancient Mariner (La ballata del vecchio marinaio) scritta da Samuel Taylor Coleridge e pubblicata, dopo varie “riprese”, nel 1798.
L’opera è considerata tra i principali manifesti del romanticismo inglese ed è divisa in sette parti. Dai toni macabri e inquietanti, racconta la vicenda di un marinaio che uccide un albatro macchiandosi di una doppia colpa: contro la Natura e Dio. L’opera ricalca temi cari alla poetica di Coleridge, quali la contrapposizione tra realtà, magia e soprannaturale che si mescolano alla vicenda principale in cui sono inseriti chiari riferimenti biblici.
Ma veniamo al brano degli Iron Maiden.
L’album che lo contiene suggerisce sin dalla copertina la matrice storica e culturale che caratterizza l’intera produzione. Si parla di Antico Egitto, ma anche della seconda guerra mondiale e della fine del mondo in seguito a una guerra nucleare.
Rime of the Ancient Mariner non è una trascrizione del poema, impossibile, data la lunghezza dell’opera, ma riprende fedelmente alcune parti, in inglese moderno. C’è da dire che, come ballata, risulta quantomeno “cantabile”, di base, ma non è certo meno complicato interpretarla e riscriverla con la metrica musicale, riadattandola a brano metal.
Steve Harris (bassista del gruppo e compositore del pezzo) rivolge il racconto a tutti coloro che ascolteranno il brano. Qui, il marinaio non è l’unico narratore della storia. Infatti, anche la voce di Bruce Dickinson diviene narrante.
Un’altra differenza con la ballata di Coleridge è strutturale, ovvio che non si poteva rispettare la divisione in sette parti, ma la canzone segue comunque la cronologia degli eventi dell’opera originale.
Nell’intermezzo di basso e tuba, la voce rauca di Dickinson impersona il marinaio e racconta la partita a scacchi tra la Morte e la Vita-In-Morte che deciderà della sorte dei marinai.
Il sound è quello tipico della band. Si tratta della canzone più lunga composta dal gruppo con i suoi 13 minuti e 39 secondi. È presente la classica cavalcata che ha reso celebre il gruppo, fino al minuto 5, e che torna poco prima il minuto 11.20; poi c’è un intermezzo diviso in due: la parte citata prima con basso e tuba, quindi un assolo che riporta il pezzo sul ritmo principale. Un passaggio fondamentale a creare la suggestione negli ascoltatori.
Ma vediamo un po’ più da vicino, in una rapida sintesi, le parti essenziali dell’opera di Coleridge, raccontate nella canzone dei Maiden:
il vecchio marinaio incontra tre invitati che stanno andando a un matrimonio, ne ferma uno e inizia a raccontargli la sua storia (“See his eye as he stops one of three”). Gli narra di come la nave su cui viaggiava, superato l’Equatore, viene investita dalle tempeste per poi incagliarsi tra i ghiacci del Polo Sud (“Driven south to the land of the snow and ice”).
Improvvisamente, dalla nebbia, emerge un albatro (“Through the snow fog flies on the albatross”) che la ciurma accoglie quale buon auspicio (“Hailed in God’s name, hoping good luck it brings”). Il marinaio, però, senza alcun motivo, uccide l’uccello (“The mariner kills the bird of good omen”).
Da quel momento, un terribile maleficio si abbatte sulla nave, la vendetta dell’albatro (“The albatross begins with its vengeance”). L’equipaggio assume un atteggiamento contraddittorio. Prima piange l’azione del marinaio, poi diviene suo complice e quindi, quando la maledizione avanza, lo accusa della propria sfortuna (“His shipmates blame bad luck on the mariner”) arrivando a legargli il cadavere dell’albatro al collo (“About his neck the dead bird his hung”).
L’incubo della sete colpisce la nave e i marinai iniziano a morire (“A terrible curse, a thirst has begun”) quando all’orizzonte appare un’altra imbarcazione. Il vecchio marinaio chiama i compagni (“ ‘There’ calls the mariner, ‘There comes a ship over the line’”). Diviene poi chiaro che si tratta di una nave fantasma (“See, she has no crew, she has no life”) condotta dalla Morte e dalla Vita-in-Morte (“‘Wait but there’s two’”) che si giocano a dadi le vite dei marinai (“Death and she, Life-in-Death, they throw their dice for the crew”).
La Morte vince i compagni del marinaio (“She wins the mariner and he belongs to her now”) che quindi muoiono uno dopo l’altro (“Then, crew one by one They drop down dead, two hundred men”) mentre la Vita-in-Morte vince il vecchio marinaio, che è l’unico a sopravvivere (“She, she, Life-in-Death She lets him live, her chosen one”). Il ricordo dei compagni morti comincia a perseguitare il vecchio marinaio (“Each turned his face with a ghastly pang”). E per lui si spalanca il baratro di un’agonia che lo spinge al pentimento. L’albatro si stacca dal suo collo e precipita in mare (“The albatross falls from his neck”).
L’incantesimo si rompe (“Now the curse is finally lifted”) e davanti agli occhi del marinaio compaiono degli spiriti, simili ad angeli, che emettono strani suoni e conducono la nave a una velocità incredibile (“Spirits go from the long dead bodies Form their own light and the mariner’s left alone”). Il marinaio sviene.
Durante la parentesi “onirica”, il marinaio sente due spiriti, compagni dello Spirito Polare, vendicatore dell’albatro, mentre discutono della sua colpa e della necessità dell’espiazione, prima del perdono divino. Nel frattempo, la nave fa rotta verso la terra natale del marinaio (“And the mariner sights his home”).
Giunta a destinazione, la nave affonda (“And the ship it sinks like lead into the sea”) mentre il marinaio salta sulla scialuppa di un eremita, al quale chiede di confessarsi. Così, può trovare la pace (“And the hermit shrives the mariner of his sins”).
Il suo compito, ora, è quello di girare per il mondo e narrare la propria vicenda per insegnare agli uomini, attraverso l’esempio, ad amare e rispettare le creature di Dio.
Il messaggio dell’opera è ripreso in pieno dalla canzone e così raccontato nel finale:
“The mariner’s bound to tell of his story
to tell this tale wherever he goes
to teach God’s word by his own example
that we must love all things that God made
and the wedding guest’s sad and wiser man
and the tale goes on and on and on and on”
E voi, che ne pensate di questo brano? E del messaggio potente di cui si fa interprete e veicolo la musica metal?
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Intanto, in attesa della prossima onda lunga... Stay rock… and metal!
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