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SABURO


foto e testo di Max Chianese

E’ possibile vedere l’anima di una persona?

Quante anime siamo in grado di vedere nel corso della nostra vita terrena?

Solo pochi fortunati riusciranno a vederne una.


Furono queste le uniche parole scritte che trovarono accanto al corpo senza vita di Saburo Ray Ozu, la calligrafia era curatissima come se fossero state pronte da molto tempo.


Tra me e lui c’è stata una profonda amicizia, per questo ho deciso di dedicargli questo mio racconto, alla sua straordinaria vita, a cui hanno avuto accesso in pochi.


Io e Saburo ci siamo conosciuti a Kyoto, la sua città natale, il luogo dove avrebbe trascorso anche gli ultimi anni di vita, ma la sua fu una vita da nomade.

Decisi di diventare fotografo solo dopo aver ricevuto in regalo un libro con delle sue foto.

Era evidente che la sua passione fosse per i ritratti.

Erano tutte state scattate tra i 25 e i 35 anni, poi basta, più niente.

Non fu difficile riuscire ad incontrarlo, anche le mie foto iniziavano a circolare nei giri giusti e così ci incontrammo. Quell’amicizia, che durò per tanti anni, è stata decisamente il rapporto più bello della mia esistenza.

Io e Saburo parlavamo di tutto, ci piaceva ridere insieme, a volte invece facevamo lunghe passeggiate in silenzio.

Poi un giorno all’improvviso decise di raccontarmi la storia più importante della sua vita, il modo in cui era diventato cieco.

Nessuno oltre a me, l’ha mai saputo. Spesso amava ripetere questa frase:


LA LIBERTÀ NON ESISTE


Saburo era già un fotografo affermato sotto i trent’anni.

Aveva fotografato tutti i più grandi attori, politici, uomini di cultura del Giappone e poi la sua agenzia fotografica lo aveva mandato in giro per il mondo, in Svizzera, in Italia, Francia, Croazia, Stati Uniti, Bulgaria, Russia e molto altro.

Tornato in Giappone gli arrivò un lavoro inaspettato: fotografare la figlia dell’imperatore, l’erede al trono: Yumiko.

La donna era per l’opinione pubblica, per i media giapponesi ma anche per il resto del mondo, un mistero. A sessant’anni appena compiuti, nessuno l’aveva mai vista.

Figlia dell’imperatore Kitano si raccontava di lei che avesse una bellezza indescrivibile.

Saburo accettò con incredulità quell’incarico, non si capacitava che tra tutti i fotografi del mondo avessero scelto lui.

Chi era stato a sceglierlo poi? Lei in persona? Oppure chi?

Arrivò il giorno e Saburo decise di preparare qualcosa di speciale per la sua futura sovrana: un modo unico di fotografarla.

Quando i due si incontrarono a palazzo lui sentì da subito una sensazione straniante, famigliare, come se avesse riconosciuto in lei un qualcosa delle sue vite passate, non riusciva a spiegarsi cosa fosse. Respirò a pieni polmoni, per la prima volta.

La bellezza di lei non aveva eguali, non sarebbe potuta esistere una donna di sessant’anni più bella. La bellezza non ha età, in ogni fase della sua vita doveva essere stata la donna più bella del creato. Prima come ora. Una bellezza libera dal tempo.

Ognuno di noi ha un concetto di libertà differente, per Saburo la libertà era sempre stata farsi guidare dal suo istinto, non fare troppi calcoli, si poteva svegliare un giorno e decidere di andare dall’altra parte del mondo a incontrare qualcuno, solo per il fatto di trovarsi davanti quella persona e poterla guardare.

Ma qui si trovava dinanzi una presenza regale.

La donna gli disse che avrebbe voluto essere fotografata nel maestoso giardino di fiori di pesco nel parco di Maruyama Koen, la dimora dei suoi antenati.

Lì avevano vissuto i Kitano già dalla fine del settecento e ogni bambino o bambina destinata al trono reale aveva trascorso l’infanzia in quel giardino incantato.

L’emozione di Saburo era incontenibile, non solo avrebbe fotografato Yumiko, ma l’avrebbe fatto in quel posto narrato nelle antiche favole giapponesi.

Due guardie aprirono il cancello del giardino, li fecero entrare e i due rimasero soli.

Saburo disse: “Mia futura imperatrice, ho pensato di fotografarla in un modo nuovo, che non ho mai sperimentato prima, così tutti e due faremo qualcosa di speciale oggi”.

La donna sorrise.

“Lei deve immaginare di essere qui da sola, deve fare come se io non esistessi, deve pensare ai momenti che da bambina o da ragazza o anche recentemente, ha vissuto tra questi meravigliosi fiori, e io cercherò di ritrarre le emozioni che lei prova nel ricordare questo”.

Yumiko non parlò, fece solo di sì con la testa e sorrise di nuovo guardandolo.

Saburo andò a sedersi su un tronco, aspettò in silenzio.

Il solo sentire dietro di sé la presenza di lei lo travolgeva, i suoi occhi si velarono di lacrime.

La donna gli passò accanto, camminava a pochi passi da lui.

La futura sovrana si immerse così tanto nei suoi pensieri che cambiò d’aspetto e diventò una bambina. Una vera bambina.

All’uomo mancò il fiato nel vedere quel miracolo, ne fu terrorizzato, ma andò avanti a scattare, senza sosta, doveva documentare quel prodigio a cui stava assistendo.

La piccola avrà avuto otto o nove anni e sorrideva nello stesso identico modo della donna, bastava quel modo di ridere a dimostrare che quella era proprio lei.

Ogni tanto Saburo si fermava a guardare nel display della sua macchina e lì non c’era nessuna bambina, ma una donna di sessant’anni.

La bambina era tale solo agli occhi di lui, ma nelle foto si intuiva, per lui e per chi le avrebbe poi guardate, la grazia di quella piccola creatura.

Saburo capì cosa stava accadendo: lei gli stava mostrando la sua anima.

Tutti i bambini sono più anima che carne, più spirito che corpo, basta provare ad entrare in vera connessione con loro per avvertire questa verità.

Yumiko aveva custodito gelosamente la profondità del suo essere, la bellezza pura, radiosa, selvaggia della bambina che era stata, era rimasta integra in tutti quegli anni, l’aveva conservata gelosamente dal mondo e dall’ipocrisia di quelli che ancora adesso chiamava “i grandi”.

Saburo fece di tutto per sforzarsi, ma l’immagine di quella bambina lo stava annientando.

Trovarsi davanti l’anima di una persona era per lui accecante, incontrollabile e spossante all’inverosimile, ma non lo fece notare.

Senza dire niente l’uomo si andò a sedere su una panchina, la bambina gli si avvicinò e mise le sue gambe sopra quelle di lui e per la prima volta i due si toccarono.

Se prima stava per svenire, ora Saburo si pietrificò letteralmente.

C’era la donna di sessant’anni accanto a lui con le gambe sopra le sue e lui appoggiò una mano su una gamba della futura imperatrice, un gesto che avrebbe potuto condannarlo a morte.

L’avrebbe voluta guardare, ma non ne trovò la forza. Fu in quel momento con quel gesto che capì che la sua libertà era finita.

In quel preciso istante pensò “La libertà non esiste”.

Non si sarebbe mai più liberato da quel momento, da quella sensazione, in quell’attimo sentì dentro di sé, nella donna che aveva accanto, nelle piante e nei loro fiori, una pace assoluta.

Tutto era un tutt’uno.

“Se Dio ha creato un paradiso, deve essere questo, non può esistere niente di più radioso” fu questo il suo pensiero.

La fotografò ancora e ancora e poi, dopo diverse ore, i due si salutarono.

“E’ stato bello conoscerla” le disse la donna “mi piacerebbe fare altre foto con lei”.

Lui annuì con la testa, non era più in grado di parlare, e presero due direzioni diverse.

Arrivato nella sua casa Saburo iniziò a guardare le foto, lo faceva a fatica come se si trovasse davanti a qualcosa più grande di lui, qualcosa di inaspettato.

Non faceva freddo, ma decise di accendere il fuoco del camino di quella stanza e presto fece molto caldo. Non lo fece per riscaldarsi.

Le foto che aveva davanti lo terrorizzavano. Chi era quella donna? Perché gli aveva fatto quell’effetto? Perché aveva voluto mostrare proprio a lui la sua anima?

Capì subito cosa avrebbe dovuto fare.

Si sdraiò per terra, sulle fredde assi di legno del suo studio e con una mano prese un ferro a due punte rovente e si accecò.

Urlò talmente forte che lo sentirono a centinaia di metri di distanza.

Aveva deciso che quelle immagini, che quella giornata sarebbero state le ultime immagini della sua vita, non aveva alcun senso per lui fotografare ancora o vedere altro.

Cosa c’è di più immenso del trovarsi al cospetto di un’anima?

Nei mesi che passò in ospedale l’uomo riprese le forze, iniziò a camminare nel buio, era un’oscurità che gli piaceva, il nero era da sempre il suo colore preferito e ora era tutto di quel colore.

Yumiko venne a sapere del gesto di Saburo e ne fu sconvolta, decise che non l’avrebbe più rivisto. Chissà perché lo aveva fatto, si chiese. Forse la follia si era impossessato di lui pensò la donna.

Ma la pazzia ha sempre delle fondamenta, non arriva mai a caso e si impossessa sempre delle anime più belle e fragili.

Il giorno prima di uscire dall’ospedale Saburo passò diverse ore a farsi scaldare il viso dal sole.

In quel tepore sentì una mano di bambina prendere la sua.

Si avvicinò a lui e gli sussurrò delle parole nell’orecchio.

“Adesso, amico mio, puoi iniziare a vedere”, con l’altra mano gli accarezzò una guancia.

Restò immobile, un infermiere arrivò e chiese a lui chi fosse quella bambina.

Saburo sorrise, da quel giorno tutti lo videro sempre sorridere.

Aveva capito che quell’anima si era materializzata veramente davanti a lui e non era stato un semplice frutto della sua immaginazione.

12 commenti

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12件のコメント


不明なメンバー
7月02日

Che fiaba sublime, Congratulazioni!

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不明なメンバー
7月03日
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Grazie Dario devo dire che anche me questa favola giapponese ha dato grosse soddisfazioni! Replicherò!

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不明なメンバー
7月01日

Nell'antichità, presso molte popolazioni, le maschere venivano indossate solo in determinate "occasioni rituali" che marcavano importanti fasi di trasformazione per la comunità di appartenenza (iniziazioni o riti di passaggio, a volte ruoli e ceti sociali come nel caso specifico). Nelle società moderne le cose stanno diversamente a causa della comparsa del concetto di identità personale il che dona il privilegio di abbattere le fondamenta strutturali dell' omologazione. In alcune culture oligarchiche, massoniche ed imperialiste i destini dei nascituri erano decisamente segnati e tracciati fin dal principio precludendo ogni possibilità di esonerare il ruolo affibbiato per dinastia.

Storicamente, l'indipendenza psicologica dell'essere umano è manipolata da autorità esterne, come ha evidenziato lo psicoanalista Erich Fromm nel libro "Fuga dalla libertà". L'essere umano…

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不明なメンバー
7月03日
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Grazie Medelin della tua analisi accurata con così tanti riferimenti! Ne terrò sicuramente conto per il futuro!

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不明なメンバー
6月30日

Intenso e molto poetico. Denso di suggestioni. Ogni parola suona.

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不明なメンバー
6月30日
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Grazie mille ci tenevo particolarmente a questo!

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不明なメンバー
6月30日

La pelle d'oca nel leggerlo.. quanta intensità e saggezza!

Senza parole davvero se non complimenti vivissimi per questo racconto meraviglioso!

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不明なメンバー
6月30日
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Grazie Barbara mi fa molto piacere ti sia piaciuto! A presto, Max

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不明なメンバー
6月30日

Ti sei superato! Questo è forse il più bello. Riesci farci vedere l’anima dei tuoi racconti, perché non sono scritti da una mano ma dal tuo cuore.


Bravo!!!

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不明なメンバー
6月30日
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Complimenti che un po’ mi imbarazzano. Grazie di cuore!

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